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L’Intelligenza artificiale nei dispositivi domotici: un futuro possibile?

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È improbabile che chiunque abbia interagito anche solo per poco con un’AI, sia essa ChatGPT, Gemini o un’altra, non sia rimasto sorpreso almeno una volta dalle sue risposte. Recentemente, abbiamo trascorso parecchio tempo online cercando un articolo che spiegasse chiaramente come funziona l’ereditarietà del colore degli occhi, per capire se la teoria secondo cui “gli occhi azzurri saltano una generazione” avesse un qualche fondamento (sì, abbiamo dimenticato molte cose dalle lezioni delle scuole medie). Nonostante i nostri sforzi, la ricerca si è rivelata inutile finché non abbiamo deciso di chiedere a ChatGPT, e non alla versione a pagamento, ma a quella gratuita. La risposta è stata chiara, esaustiva e corretta. Questo piccolo episodio ci ha colpito positivamente, considerando che la tradizionale ricerca su Google, che ho affinato nel corso degli anni, non ci aveva aiutato.

Il fatto che abbiamo impiegato circa dieci minuti prima di decidere di affidarci a ChatGPT dimostra come la nostra mente sia ancora orientata verso un uso classico del web, come la ricerca su Google. Abbiamo già discusso dello stato della ricerca Google nel 2024. Oggi, vorremmo parlare di un altro servizio “antico”: Google Assistant sui dispositivi domestici Nest. E non ci limiteremo a Google, che è solo uno dei tanti attori, ma estenderemo la questione a tutti: Alexa di Amazon e Siri di Apple, in particolare.

 

Smart home difettosa

Se la ricerca su Google è in difficoltà, anche la casa smart non gode di ottima salute. Nell’articolo in cui parlavamo di come la “smart home sia difettosa” avevamo citato anche i problemi di comprensione degli assistenti vocali. Chi li usa quotidianamente sa di cosa parliamo. Per tutti gli altri, basti sapere che metà delle volte che chiediamo di chiudere l’avvolgibile in camera, Google ci risponde di “controllare se le immagini sul display corrispondono”. Per non parlare dei mesi in cui “spegni led mansarda” è stato interpretato come “spegni led mansa”, nonostante la pronuncia lenta e chiara.

Fino all’anno scorso ci era chiaro perché queste aziende non fossero ancora pronte a integrare le intelligenze artificiali nei loro dispositivi domotici, ma oggi non ci sono più scuse. Credo che possiamo tollerare qualche risposta fantasiosa (o “allucinata” come si dice in gergo) piuttosto che avere un sistema ottuso che a volte non capisce o finge di non capire. Nel 2024, a otto anni dal lancio di Google Home e nove da Alexa, questi sistemi non sembrano essere diventati particolarmente più intelligenti, e si è solo ampliata la quantità di prodotti compatibili. Ad oggi, nessuno ha implementato un sistema che impedisca a persone “sconosciute” di eseguire comandi in casa. Pensiamo, per esempio, ai bambini che possono azionare senza problemi avvolgibili e ventilatori. Non sarebbe un ottimo campo di test per gli assistenti vocali? Le persone tendono a non utilizzare il proprio dispositivo Nest, Alexa o HomePod perché sanno che spesso non riceveranno la risposta cercata.

Introdurre un’intelligenza artificiale in un dispositivo così diffuso nelle case potrebbe spingere gli utenti a testare sempre di più questi sistemi, apprezzandone il funzionamento e fidelizzandosi.

Siamo sicuri che già oggi un’AI saprebbe eseguire comandi più complessi o concatenati, senza che i programmatori debbano aggiungere “manualmente” nuove funzionalità. Vi prego, dateci una versione della nostra “Her” con cui poter conversare in salotto. Voi avrete i vostri beta tester, come sempre, e noi una smart home degna di questo nome.

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