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Il Futuro sta rallentando?

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Smartworking e intelligenze artificiali dovevano cambiare completamente il mondo in pochi mesi, ma ecco perché ci metteranno un po’ di più

Quando vediamo le curve di crescita dei comparti tecnologici a livello globale (e non per singole aziende), osserviamo fenomeni di crescita inarrestabile ed esponenziale. Per esempio i gigabyte presenti nel mondo nel 2005 erano “solo” 130 miliardi, poi poco più di 2000 nel 2010 e addirittura 15.000 nel 2015. Mette un senso di vertigine pensare che oggi per ogni abitante della terra ci sono dozzine di migliaia di giga di dati che raccontano pezzi della sua storia; uno spazio enorme dove c’è tutto: le scelte, gli spostamenti, le ricerche, foto, video e audio. Crescono i dati e cresce il resto. Macchine computazionali passano dai milioni ai miliardi di calcoli al secondo in pochi mesi, il mercato delle CPU esplode, le Intelligenze artificiali guadagnano punti di QI ogni giorno. Eppure l’adozione di tante novità sembra più lenta del previsto e sia le istituzioni sia le aziende private faticano a recepire questi cambiamenti. Vediamo cosa succederà nei prossimi anni e come la tecnolgia disponibile può diventare anche accessibile alle PMI italiane.

 

La rivoluzione smart che le PMI italiane stanno aspettando

Bisogna essere oggettivi: il mondo è sì oggi molto diverso rispetto all’uscita dal Covid, ricco di tante incredibili innovazioni, ma se guardiamo all’autunno del 2022 (quando è stato pubblicata la prima versione di massa di ChatGPT) non è certo stato rivoluzionato come in molti di noi eravamo portati a pensare. Alcune previsioni di pochi mesi fa già risultano -quantomeno- iperboliche. Le cause sono diverse e, per quanto riguarda le istituzioni scolastiche, ne abbiamo parlato in questo approfondimento. Norme vengono prodotte (come visto qui con l’AI act) per non restare troppi passi indietro, ma più degli enti pubblici e delle grandi multinazionali sono gli attori medi e piccoli a faticare di più, le PMI italiane ne sanno qualcosa. Ma se tante piccole aziende non adottano soluzioni AI alla loro portata (mentre cliccando qui potrebbero cominciare…), non c’è da cercare colpe, perché si tratta di fenomeni “fisiologici” e già visti. Vediamo cosa sta succedendo.

 

Le cause di questo “rallentamento” e la resistenza al cambiamento

Se di certo l’intelligenza artificiale ha messo un “turbo” all’innovazione come non si vedeva dai tempi della nascita di internet, è vero anche come lo stesso internet ci mise più di qualche anno a diventare di massa dimostrando tutte le sue incredibili potenzialità. Si parla, in questi casi, di resistenza al cambiamento. Si tratta di una parte integrante dell’istinto di sopravvivenza delle persone e delle organizzazioni, una naturale propensione a preferire ciò che si conosce e che quindi si sa essere sicuro, rispetto a ciò che non si conosce e che potrebbe perciò rivelarsi dannoso. Un fenomeno che viene studiato in psicologia, ma che risulta spesso valido per molte forme di cambiamento, soprattutto aziendale. La “curva del cambiamento” in questo caso prevede negazione, poi resistenza, rassegnazione, quindi accettazione e, infine, integrazione.

 

Come integrare il cambiamento per ottenere un vantaggio competitivo

Esistono molti limiti fisici con cui gli sviluppatori di oggi si scontrano, magari per creare un nuovo device o dispositivo. Limiti di spazio, limiti di componentistica, limiti che se un tempo erano appannaggio solo dei più esperti, oggi stanno diventando alla portata di un pubblico ben più vasto (come visto qui). Ci sono poi i limiti di convenienza, come per esempio quelli che hanno spinto tante aziende a interrompere le soluzioni di smartworking, semplicemente perché non gli conveniva: in alcune situazioni meglio un rapporto personale, in presenza, in un ufficio a disposizione. I limiti maggiori sono però altri, quelli dell’informazione e in particolare delle nuove asimmetrie informative che si vanno a generare di fronte a così rapide innovazioni. La ragione se tante piccole aziende italiane non stanno integrando soluzioni di intelligenza artificiale al proprio interno è soltanto perché non conoscono queste soluzioni e non saprebbero quindi come fare. L’asimmetria di informazioni di cui gode chi governa un cambiamento rispetto a chi invece lo subisce è certamente il vantaggio competitivo del primo e lo svantaggio del secondo.

 

La soluzione non è cambiare mestiere, ma accedere alla disponibilità della tecnologia

Le resistenze sono, come qui accennato, un fenomeno naturale. Ma una volta che si processa il cambiamento fino all’accettazione (e quindi all’integrazione) non è certo necessario ricominciare tutto da capo. Nei casi di smartworking in molti casi saranno i dipendenti stessi, le associazioni e i sindacati di categoria, nei nuovi contratti, a trattare per ottenere più (o meno) tempo in ufficio. Ma questo dipenderà dalle strutture degli uffici e degli spazi dove fare business, spazi destinati a mutare nei tempi che saranno necessari.

Più importante ancora per sopperire al rischio di rimanere schiacciate da fenomeni di asimmetria informativa le aziende devono rivolgersi a chi queste conoscenze e capacità le ha già sviluppate. Non serve ricominciare da zero, inventare la ruota, studiarsi manuali e manuali sull’intelligenza artificiale: c’è chi fa lo ha già fatto al posto tuo. Spesso infatti la risposta è affidarsi a consulenti o servizi specializzati che facilitino la transizione. L’obiettivo è incorporare gradualmente le nuove tecnologie nelle attività quotidiane, permettendo alla tua azienda di concentrarsi sul proprio core business mentre gode dei benefici dell’innovazione.

Insomma non ti serve diventare un esperto della “nuova comunicazione” e cambiare mestiere, ti basta chiedere un aiuto compilando il modulo in fondo a questa pagina o cliccando qui

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