Come internet delle cose (IoT), App, AI e assistenti virtuali stanno diventando onnipresenti nelle nostre vite e quali ostacoli rimuovere perché siano vantaggiosi per tutti
Finalmente la tecnologia accende luci, apre porte, accorcia distanze. Con l’invecchiamento medio della popolazione questa rivoluzione deve diventare alla portata di tutti. Tra digital divide e ricerca selettiva, vediamo cosa sta rallentando lo sviluppo delle tecnologie per aiutare anziani e disabili.
La riscossa dei capelli bianchi
“Spesso è meglio un cliente giovane che due anziani”: cinico certo, ma chi studiava pubblicità trent’anni fa poteva ascoltarlo a lezione o leggerlo nei libri di marketing. Parzialmente sembra ancora vero, investire sui consumatori con più futuro viene tuttora raccomandata come linea di massima. Eppure la capacità di spesa dei giovani si è assottigliata negli ultimi decenni tanto che, stando a questi dati del Ministero dell’Economia, il loro potere di acquisto in Italia diminuisce costantemente da mezzo secolo.
Il crollo delle nascite e il miglioramento dell’aspettativa di vita hanno invece visto crescere vertiginosamente il numero di anziani: questo rapporto Istat evidenzia che un italiano su quattro ha più di 65 anni, mentre solo uno su otto ha meno di 15 anni. Una platea di pensionati enorme, con capacità di spesa ormai superiori a quelle dei ragazzi, un bacino con sempre più esigenze e quindi dinamico. Istituzioni, imprese e società civile devono farci i conti.
Se gli anziani usano Facebook
Alcuni social media avevano già fatto breccia nel cuore di molte nonne e nonni già prima della pandemia, in particolare uno. Se il 60% degli utenti italiani della principale piattaforma di Meta ha superato i trentacinque anni, sono quasi quattro milioni i pensionati che vi accedono ogni giorno. Ormai prossimo a compiere un ventennio, Facebook è decisamente invecchiato: oggi sono molti gli anziani che lo usano per contattare parenti e amici, per condividere foto, ricordi e pensieri. Del resto una delle principali finalità positive di internet è proprio quella che porta a superare barriere e ostacoli, anche fisici, avvicinando le persone distanti, dimostrandosi antidoto alla solitudine e all’esclusione. I social possono essere un valido alleato, ma ce ne sono tanti altri.
Internet delle cose e domotica, cosa sapere
Gli assistenti vocali di Apple, Google e Amazon già sono presenti in molte case da anni, ma sarà nell’imminente futuro che assisteremo a un miglioramento qualitativo di questo genere di device, dovuto alle integrazioni con le intelligenze artificiali. L’internet delle cose (IoT: Internet of things) non è però solo Alexa. A prezzi ormai accessibili è possibile controllare da remoto elettrodomestici di ogni genere, le luci della casa, la posizione di oggetti e persone.
Non connettiamo a internet solo il nostro computer o cellulare, ma qualsiasi cosa, con enormi vantaggi per l’implementazione della scienza domotica a supporto di persone anziane o con disabilità. Basti notare come ormai anche i bastoni di accompagnamento per persone ipovedenti vengono connessi a internet.
Già nel 2011 Cisco System segnalava in questo documento come il numero di dispostivi connessi avesse superato da due anni il numero di abitanti della terra. Ora le proiezioni vogliono 75 miliardi di device con accesso a internet entro il 2025. Online è l’orologio, la bicicletta, addirittura la felpa. La tecnologia è “wearable”, indossabile. Un numero enorme di oggetti che solleva importanti dibattiti in termini di impatto ecologico e di sicurezza, ma anche molte evidenti opportunità per costruire un mondo più accessibile e inclusivo.
La tecnologia per aiutare anziani e disabili deve essere inclusiva
In uno scenario così idilliaco potrebbe sembrare non ci siano salite: è il contrario. La tecnologia sa essere brutale in molte forme, pensiamo solo al cyberbullismo o alle truffe. Inoltre discrimina in base a geografia, età, reddito. Fino a pochi anni fa una parte della popolazione era esclusa dai network e addirittura impossibilitata a connettersi. Oggi il divario è soprattutto sulla formazione degli utenti, tra quelli più consapevoli e quelli meno immuni da fake news e propaganda. Ma i pericoli arrivano da più lati.
Un fronte ampio è quello della ricerca e sviluppo. In campo medico il fenomeno è ben conosciuto perché per secoli gli studi e le ricerche sono state fatte dagli uomini per gli uomini, con enormi discriminazioni per le donne che si trovano ancora oggi ad affrontare dei percorsi sanitari. Le tecnologie digitali hanno lo stesso limite: molti dispositivi vengono infatti sviluppati senza coinvolgere gli utenti che ne dovrebbero usufruire. Per tornare all’esempio degli assistenti vocali, questi non sono in grado di aiutare chi ha difficoltà a parlare, spesso proprio gli anziani e le persone che potrebbero aiutare maggiormente. Chi si occupa di ricerca e sviluppo però ha anche un altro imperativo, ovvero “semplificare”. Tra i maggiori generatori di divario vi è infatti la crescente complessità degli strumenti, preclusi così a molti utenti.
Infine pure il marketing dovrebbe fare la sua parte. Evolversi, parlare a una fetta più ampia di popolazione, abbandonare il modello del consumatore “giovane e bello”, favorire una rappresentazione più aderente alla realtà.
Un’alleanza intergenerazionale
Le tecnologie digitali sono sempre state un “gioco da ragazzi” e così continuerà a essere. I giovani inventano il nuovo trend di TikTok, decidono le piattaforme del futuro, giocano al nuovo videogame. Chi era “ragazzo” negli anni ‘80 e ‘90 però adesso è cresciuto, sono cambiate le sue esigenze, ha altri problemi. Con l’invecchiamento della popolazione anche i più anziani usano Facebook e il monopolio dell’innovazione è stato ceduto dalle generazioni più acerbe. Questa è una grande opportunità per costruire un mondo più inclusivo, fatto da device interconnessi e alla portata di tutti, in grado di accompagnarci “in salute e malattia”. Le nostre comunità cambieranno, ma sono molti gli ostacoli a questo progresso e ci conviene rimuoverli in fretta.
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