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Fake News e Viralità Social: gli assurdi casi di “Mark Violets” e CrowdStrike

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Se non sapete chi siano Mark Violets e Vincent Flibustier probabilmente siete tra i pochi “fortunati” che riescono ancora a sfuggire dalla sempre più problematica bolla dei social media.

Negli ultimi giorni, due clamorosi episodi di disinformazione hanno catturato l’attenzione del pubblico sui social media (e non solo): il caso di “Mark Violets”, spacciato come il presunto attentatore di Donald Trump, e Vincent Flibustier, che ha ironicamente rivendicato la responsabilità del disastroso aggiornamento di CrowdStrike che ha mandato in tilt i sistemi informatici di mezzo mondo.

Questi eventi mettono perfettamente in luce il serio (e pericoloso) problema delle fake news, ormai in grado di cavalcare sempre più facilmente la viralità sui social media, amplificando informazioni false che possono alimentare la confusione e il panico tra le persone. Cosa è successo di preciso e cosa possiamo imparare da questi due casi?

 

marco violi fake news

 

Il Caso di Mark Violets: dal Meme “sfottò” su X/Twitter ai Media Internazionali

Il 13 Luglio 2024, durante un comizio di Donald Trump in Pennsylvania, un uomo ha sparato all’ex Presidente americano, ferendolo leggermente all’orecchio. Poco dopo, sui social media si è diffusa la voce che il responsabile fosse un “estremista Antifa” di nome Mark Violets. Questa informazione si è rivelata essere completamente falsa. Il vero colpevole era infatti Thomas Matthew Crooks, un giovane di 20 anni, che è stato individuato e ucciso sul posto dalle forze dell’ordine.

La foto di questo presunto “Mark Violets” era in realtà quella di Marco Violi, un giornalista sportivo italiano che non aveva alcun legame con l’incidente. La fake news, postata in inglese da un utente italiano su X/Twitter (con un account non verificato e seguito da poche migliaia di follower), è presto diventata virale in tutto il mondo.

Quello che era un semplice meme di “sfottò” è stato prima ripreso da alcuni account americani (soprattutto di ambiente repubblicano) per poi arrivare anche sui media internazionali e alcune emittenti TV americane. Violi, ovviamente colpito e sconvolto dall’accaduto, è stato poi intervistato anche da alcune TV italiane (come il TGR regionale del Lazio). Purtroppo per lui, non è stata la sua “prima volta”: è da tempo infatti che Violi viene preso di mira con scherzi e battute che con troppa leggerezza giocano con la sottile linea del cyberbullismo.

Questo caso, oltre a rimarcare la tossicità che riverbera in alcuni ambienti social, alimentata da un percepito senso di impunità e rafforzata dall’anonimato “garantito” dai nickname, dimostra come la disinformazione possa diffondersi rapidamente e danneggiare la reputazione di persone innocenti. Disinformazione di cui sono purtroppo responsabili anche gli organi di informazione, a causa della mancanza di doveroso e accurato fact checking e la smania di arrivare primi, a qualunque costo.

 

crowdstrike flibustier fake windows azure

 

Il Caso di Vincent Flibustier / CrowdStrike: Credere senza mai Approfondire

Nella giornata del 19 Luglio 2024 si è verificato un altro evento di rilevanza mondiale. Per diverse ore infatti, numerosi sistemi Windows sono andati letteralmente in tilt: fuori uso tutti i computer di aeroporti, porti, banche, emittenti televisive e società di servizi. Decine di migliaia di persone bloccate da un bug che ha causato la famigerata “schermata blu della morte” sui PC delle più note aziende al mondo. A causare questo clamoroso disservizio è stato un aggiornamento difettoso rilasciato da CrowdStrike, società di sicurezza informatica internazionale che opera con soluzioni in cloud Microsoft Azure.

A cavalcare quest’onda è stato Vincent Flibustier, diventato virale su X/Twitter per aver pubblicato una foto e un video satirici in cui si dichiarava responsabile di tale aggiornamento. Nel video, Flibustier affermava ironicamente di essere stato assunto da CrowdStrike e di aver causato il problema con un “piccolo errore” nel suo primo giorno di lavoro.

L’immagine – volutamente manipolata in modo approssimativo – e il video satirico hanno suscitato reazioni miste, con diversi utenti che hanno riconosciuto la natura parodica del contenuto. Tuttavia, in molti (troppi) hanno preso sul serio la rivendicazione, evidenziando come anche le satira possa talvolta contribuire alla confusione online.

Flibustier, a differenza di chi ha scatenato il caso “Mark Violets”, è un consulente di comunicazione digitale molto attento al tema delle fake news. Non è nuovo a questi esperimenti e provocazioni ma, a parte la natura ironica, si occupa di questi argomenti per sensibilizzare ed educare il pubblico a individuare le fake news e approcciarsi in modo più critico alla fruizione di contenuti sui social.

A dire il vero, oltre a riaffermare come ci si convinca troppo facilmente e velocemente della veridicità di una notizia diffusa tramite social, a preoccupare in questo caso dovrebbe essere più la fragilità dei sistemi informatici a cui affidiamo così tante attività e servizi che regolano il funzionamento quotidiano delle nostre vite.

 

Analisi del Problema Fake News: Algoritmi, Engagement e Nicchie

I casi di Mark Violets e Vincent Flibustier illustrano perfettamente come le fake news possano diventare virali e creare caos. Ma come è possibile tutto ciò? La risposta sta in come funzionano i social e nel modo sempre più passivo e superficiale con cui li utilizziamo.

Gli algoritmi dei social media sono progettati per massimizzare l’engagement, spesso promuovendo contenuti sensazionalistici che suscitano forti reazioni emotive. Questo meccanismo favorisce la diffusione di notizie false, agevolate dalla tendenza degli utenti di condividere informazioni che confermano le loro convinzioni preesistenti, per il principio noto come confirmation bias.

La rapidità con cui consumiamo i contenuti sui social media contribuisce ulteriormente al problema. La costante inondazione di informazioni riduce il tempo che dedichiamo all’analisi critica e alla verifica delle fonti. Invece di approfondire e ricercare, spesso accettiamo le informazioni al valore nominale, specialmente se provengono da fonti percepite come autorevoli o se sono ampiamente condivise.

Un altro fattore cruciale è la formazione di nicchie e bolle informative. Gli algoritmi personalizzano i contenuti in base ai nostri interessi e comportamenti passati, creando un ecosistema in cui vediamo principalmente informazioni che rafforzano le nostre convinzioni. Questo isolamento informativo rende più difficile incontrare e valutare punti di vista contrastanti, alimentando ulteriormente la disinformazione.

 

La Tecnologia è uno Strumento Neutro: spetta a noi Essere per Bene

I casi di Mark Violets e Vincent Flibustier evidenziano la pericolosità delle fake news e il ruolo cruciale dei social media nella loro diffusione. Per combattere efficacemente questo fenomeno, è essenziale promuovere l’alfabetizzazione mediatica, incoraggiare la verifica delle fonti e sviluppare algoritmi che non privilegino unicamente il sensazionalismo. Solo attraverso un approccio informato e critico possiamo sperare di arginare l’impatto della disinformazione nel nostro mondo digitale.

Questi eventi ci ricordano l’importanza di rimanere vigili e critici nei confronti delle informazioni che consumiamo e condividiamo online. La nostra capacità di discernere la verità dalla finzione è essenziale per mantenere un ecosistema informativo sano e affidabile.

Ma non solo. Se pensiamo anche all’altrettanto problematico tema dei deep fake e alle incertezze legate alle rapide evoluzioni dell’intelligenza artificiale generativa, in termini di regolamentazione e buone prassi, siamo sempre più di fronte ad una necessaria presa di coscienza: per costruire e vivere in un mondo migliore, la responsabilità è principalmente nostra. Ricordarsi di (e impegnarsi a) essere persone per bene è la traiettoria da segnare e seguire, con impegno e sostegno reciproco.

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