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“Serve equilibrio e capacità di variare”. L’intervista al videomaker Stefano Zampini

collaborazione con pagine sì e la crescita professionale del videomaker stefano zampini

Stefano Zampini, videomaker e fotografo, racconta la sua trasformazione da appassionato di racconti a professionista del video. La sua amicizia con Marco Ambrosi e la collaborazione con PagineSi!

Dalla letteratura alle immagini, i racconti non sono solo fatti di parole ma anche di visioni. “Come una poesia che passa attraverso gli occhi, regalando emozioni visive”… Stefano Zampini, con la sua trasformazione a videomaker, racconta questa magia e la sua tendenza ad unire alla forza evocativa delle parole la potenza delle immagini, creando storie che parlano sia all’anima che allo sguardo. Conosciamo quindi chi c’è dietro i video realizzati per tante aziende e professionisti, il suo percorso e il suo punto di arrivo.

 

Stefano Zampini, videomaker: come è nata questa passione, quali percorsi hai affrontato per la tua formazione e dove lavori?

La passione è nata durante il periodo universitario, mentre studiavo lettere e scrivevo racconti. I racconti sono diventati sceneggiature per teatro, poi un cortometraggio, poi qualche richiesta di lavoro, l’apprendistato tecnico e retorico presso il fotografo Marco Ambrosi infine la partita iva. Sono autodidatta, ma è stato proprio l’apprendistato con Marco che mi ha fatto fare il salto vero verso il mondo del lavoro. Ho iniziato a Verona, ma ora lavoro regolarmente in tutto il nord Italia. Ogni tanto mi capita di andare anche all’estero, ho fatto lavori a Valencia, Londra e Parigi. Con Pagine Sì! collaboro da qualche anno, il mio contatto è stato attraverso Nicola Zarattini che ha proposto a Marco Ambrosi di sentirmi con l’azienda, lui essendo specializzato in fotografia mi ha coinvolto come video operatore.

 

Con che genere di video ai cominciato?

All’inizio realizzavo soprattutto documentari. Ho lavorato con altri registi e curatori di mostre veronesi (Daniela Rosi, Renato Perina, Daria Anfelli, Silvia Lana, Piet Paeshuyse…) per i quali ho fatto video e servizi sulle loro opere. Mostre d’arte o documentari su artisti, laboratori teatrali in carcere, performance artistiche, documentari per musei privati e pubblici. Ho realizzato anche lavori in stop-motion, e ho tenuto un corso di videomaking e un laboratorio di racconto attraverso il video per la Regione Veneto.

 

Con i clienti è tanto diverso? Come ti sei trovato a dover cambiare drasticamente i soggetti delle tue riprese?

Non ho mai avuto difficoltà a sperimentare situazioni e linguaggi nuovi. Per questo la varietà di situazioni in cui mi sono trovato grazie a PagineSì è per me fonte continua di spunti. Mi piace entrare nella vita delle aziende per poche ore, comprenderne l’anima, confrontarmi sull’immagine da ottenere, realizzare il servizio e ripartire. Ogni volta è un viaggio e mi piace. Inoltre negli ultimi anni la comunicazione tramite video è esplosa e così la quantità di lavoro che ho in carico: merito del numero di clienti e la varietà di genere.

 

Il tuo approccio al lavoro e al cliente come è? Come ti prepari per un servizio, sia tecnicamente che con le persone che incontrerai?

Di solito studio il cliente attraverso la sua immagine su internet e il materiale – lo storyboard – fornito dai team di Pagine Sì!. Poi, se non lo conosco, studio il settore di cui fa parte l’azienda, che sia un ottico, un ristorante, un’impresa edile cercando video e immagini cui ispirarmi. Quindi, insieme al reparto video di Pagine Sì!, valuto di caso in caso quale sia l’approccio tecnico migliore. Talvolta, ma non sempre prendo contatto con il cliente, non sempre è necessario perché solitamente il cliente arriva alla giornata di riprese ben preparato.

 

Che atmosfera tendi a creare durante le riprese? Ti piace stare nel tuo senza avere un confronto con il cliente (così da lasciarlo tranquillo) o tendi amichevolmente a entrare in confidenza per alleggerire la situazione?

Durante le riprese mi piace che le cose accadano senza essere forzate, per cui inizio assecondando il cliente sia che abbia le idee chiare, sia che non le abbia, per indirizzarlo man mano che procedo. Mi piace entrare in confidenza, specialmente se deve intervenire in prima persona con interventi diretti; ma questo dipende da caso a caso, ci sono alcuni clienti con cui ho pranzato insieme dilungandoci sulle nostre esperienze e altri che ho visto all’inizio e alla fine delle riprese e basta. Occorre sempre trovare un equilibrio: io sono l’ospite in azienda, ma l’azienda a sua volta è ospite del mio occhio: se io cedo completamente al padrone di casa e mi lascio portare in giro vedendo solo quello che mi viene mostrato non faccio un buon servizio, così come non farei un buon servizio se stravolgessi gli ambienti e le pratiche aziendali per seguire una mia idea d’immagine. Per un video aziendale un approccio documentaristico credo sia il migliore.

 

Ti trovi di più a tuo agio a lavorare restando nella tua città?

In realtà è il contrario, preferisco lavorare fuori Verona: perché la distanza di partenza – il modo di parlare e di fare, l’arrivo dopo un viaggio, mi aiuta ad osservare ciò che vedo con occhio più attento, non potendo dare nulla per scontato.

 

Nella tua collaborazione con PagineSi!, hai un supporto diverso quando lavori rispetto a quando ti muovi in autonomia o con i tuoi collaboratori?

Io mi occupo di produzioni video, sono abituato a seguire tutti gli aspetti della produzione e con i miei collaboratori ho un rapporto che prima è di amicizia; con Pagine Sì! è diverso, ma non troppo. In anni di collaborazione abbiamo sviluppato un rapporto di fiducia reciproco per cui posso dedicarmi alle riprese senza la preoccupazione di tutti gli altri aspetti organizzativi e di contenuto. Anche il contributo degli agenti sul set è spesso determinante, perché la loro presenza mi permette di entrare in relazione con realtà, anche piuttosto strutturate, molto rapidamente. Questo perché, anche se non mi conoscono, le aziende si fidano di me perché si fidano di Pagine Sì!

 

Quindi le tue tecniche e il tuo sguardo ai dettagli è cambiato? Si è evoluto e si è arricchito? E come?

Dopo tre anni di collaborazione alcune tipologie di video sono state provate e riprovate… Penso per esempio ai ristoranti, per cui in linea teorica si dovrebbe filare lisci senza intoppi. Grazie alle indicazioni del reparto video ho sviluppato uno “standard” di riprese che sappiamo funzionare. Ma non mi piace ripetere le stesse cose per cui cerco sempre di variare per adeguarmi più precisamente alla realtà che vado a riprendere. Questo mi permette di crescere e tiene sveglio l’occhio e l’interesse per il lavoro che faccio. Nel tempo ho cambiato anche la tipologia di obiettivi che utilizzo, ma questo aspetto tecnico dipende anche dal tipo di riprese che devo fare. In generale mi piace dare un aspetto “cinema” alle riprese senza adeguarmi troppo alle mode.

 

Programmi per il prossimo futuro di Stefano Zampini?

Realizzare un documentario sulla Valpolicella, il luogo dove sono nato.

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