Nonostante le resistenze, l’intelligenza artificiale nelle scuole italiane è già una realtà. Ora servono regole chiare, ma non si torna indietro
L’AI, per noi italiani intelligenza artificiale, In poco tempo è comparsa e ha colonizzato ogni campo, da quello aziendale a quello scolastico. Se prima si utilizzava prevalentemente Google per le ricerche, ora gli studenti sono passati proprio all’IA. Non solo loro, naturalmente, perché anche i docenti la utilizzano. Non c’è più bisogno di copiare dal compagno di banco, per l’alunno, che deve semplicemente saper utilizzare l’intelligenza generativa di ChatGpt. Tramite l’intelligenza generativa infatti si possono generare testi, suoni, immagini e video. Per il mondo scolastico esistono pro e contro, ma è inutile schierarsi da una parte o dall’altra perché il progresso vedrà una penetrazione sempre maggiore di questo strumento dietro e davanti alla cattedra.
Una classe senza insegnanti? Lo spauracchio sembra ancora lontano
Le macchine sono già in grado dunque di mostrare capacità umane come il ragionamento, l’apprendimento, la creatività e la pianificazione. Ma per ora lo spauracchio di una classe senza docenti è lontano. Perché? Perché ci vuole comunque un essere umano che dia istruzioni e governi i programmi e gli algoritmi che fanno parte dell’intelligenza artificiale.
Paul Curzon, della Queen Mary University of London, ha consigliato di utilizzare il cosiddetto Foglio Intelligente, che racchiude le istruzioni per una partita a tris: seguendo le regole, è impossibile perdere. In questo modo, l’insegnante può spiegare allo studente il funzionamento dell’algoritmo e collegarlo al tema dei dati. Insomma, si può imparare giocando. E acquisire conoscenze che sono sempre più richieste nel mondo del lavoro.
Sempre se volete spiegare a un vostro alunno come si addestra un’intelligenza artificiale, potete affidarvi a Teachable Machine. Crayon, invece, genera immagini e qui si può capire quali sono i rischi e le opportunità dell’intelligenza artificiale nel modo sbagliato. La pagina Dig4future ha realizzato un accurato percorso didattico in questo senso per le classi secondarie di primo grado. Sempre con il progetto Dig4future è stata sviluppata una mostra-laboratorio sull’IA per comprendere come funziona l’algoritmo, come si addestra l’IA, ma soprattutto per riflettere su questo potente strumento. È venuto fuori un interessante dibattito in cui insegnanti e docenti si sono detti d’accordo sulla necessità di unire educazione e didattica digitale con le discipline tecniche.
Questi temi ci fanno capire quanto oggi più che mai l’insegnante resti necessario in una classe. L’Intelligenza Artificiale è ormai entrata a scuola, a passo deciso, ma non può sostituire l’essere umano. Serve però avere le competenze giuste per capire cosa si può fare e cosa no con l’IA. Serve anche capire quali sono i limiti a cui si può arrivare, non essendoci ancora leggi chiare in questo campo.
Facciamo ancora un esempio per capire perché ci deve essere un essere umano dietro alla macchina. Questa è paragonabile a un mulo, a cui solo l’umano può dare una direzione. Su questo punto anche gli studenti hanno lavorato: per evitare sconfinamenti pericolosi, è necessario lavorare moltissimo sulla fase dell’allenamento dell’intelligenza artificiale, che deve essere realizzata nel rispetto dei diritti. E tra i diritti esiste anche quello della privacy dello studente che, nell’interrogare l’IA per effettuare una ricerca, mette comunque in rete i suoi dati personali.
L’intelligenza artificiale al posto del docente: il caso inglese
I docenti devono dunque mettere al loro servizio l’intelligenza artificiale e non viceversa, anche in un periodo rivoluzionario come questo. Il vantaggio enorme è che oggi l’insegnante può garantire ai suoi studenti competenza e maggiori e consapevolezze superiori rispetto al passato.
Non cadiamo dunque nell’inganno di credere che l’AI sia una sciagura, che si perderanno posti di lavoro pure nella scuola. Nonostante dal Regno Unito ci arrivi un esempio apparentemente negativo: il David Game College, infatti, sta per creare una classe in cui l’intelligenza artificiale sarà l’unico docente presente (o quasi). Lo scrive Vanity Fair. Stiamo parlando di una scuola privata londinese, che lancia il primo corso per 20 studenti della secondaria senza insegnanti. Ogni alunno avrà un mix di piattaforme di intelligenza artificiale installato sul proprio computer e visori per la realtà virtuale.
Quali potranno essere i vantaggi? La piattaforma imparerà poco alla volta quali sono le materie in cui lo studente eccelle e in quali invece necessita di aiuto. I piani di studio saranno dunque calibrati ogni trimestre. Avremo programmi personalizzati. John Dalton, co-direttore della scuola, così ha perorato la causa della scelta: “Ci sono molti insegnanti eccellenti, ma siamo tutti fallibili. Penso che sia molto difficile raggiungere il livello di precisione e accuratezza dell’intelligenza artificiale e di valutazione continua. Se si vuole sapere esattamente perché un bambino non sta imparando, penso che i sistemi di AI possano individuarlo in maniera precisa e veloce”.
A quanto pare, come riporta Sky News, c’è molto entusiasmo tra i 20 studenti prescelti. Uno di loro che ha già provato il sistema ha dichiarato: “Un insegnante non conosce i tuoi difetti perché ha tanti alunni a cui pensare, mentre l’intelligenza artificiale li riconoscerà e ti aiuterà a migliorare”.
Ma, c’è un ma. Ci saranno, in classe, tre allenatori umani dell’apprendimento. Non solo controlleranno il comportamento della classe, ma daranno supporto ogni volta che ce ne sarà bisogno. Alexandet Vansittart, ex docente di latino, sarà uno dei coach: “Sono davvero entusiasta di ciò che l’intelligenza artificiale potrà fare per i giovani, di come potrà aiutarli a cambiare la loro vita. È per questo che mi sono candidato”.
Intelligenza artificiale, ma allora le preoccupazioni sono giuste?
A questo punto possiamo immaginare una scuola del futuro senza cattedre fisse? Chris McGovern, insegnante in pensione ed ex consulente politico, oggi direttore della Campagna per l’istruzione reale, dice: “Capisco perché possano spingere l’uso dell’intelligenza artificiale. Per prima cosa, è più economica, ma il problema è che si tratta di una macchina inerte, quindi si disumanizza subito il processo di apprendimento, eliminando le abilità interpersonali e l’interazione tra alunni e insegnanti”.
Il David Game College ha risposto che non ha speso di meno, ma che anzi ha dovuto assumere più personale per gestire il corso. I genitori degli studenti, effettivamente, pagheranno 27 mila sterline l’anno, circa 32 mila euro. Va detto che nel Regno Unito, a livello scolastico, sono già più avanti di noi. L’IA aiuta gli insegnanti a organizzare i programmi e ad assegnare i compiti, mentre le resistenze in Italia sono a più livelli.
Insomma, nel 2024, c’è ancora l’insegnante e c’è l’intelligenza artificiale. Che non sono alternativi. È cambiato però l’approccio: oggi anche il docente deve avere competenze digitali. Servono dunque più corsi di formazione che vertano proprio sull’argomento intelligenza artificiale. Solo in questo modo non ci sarà il rischio di perdere il posto a favore dei nativi digitali o di chi ha appreso prima i nuovi meccanismi della scuola moderna.
Scuola e IA: il documento Ocse
Contribuisce al dibattito il documento The Future of Education and Skills: Education 2030 – Ocse, dove si legge: “Esiste una domanda crescente nei confronti delle scuole perché preparino gli studenti ai cambiamenti economici e sociali più rapidi, ai posti di lavoro che non sono stati ancora creati, alle tecnologie che non sono state ancora inventate e a risolvere problemi sociali che non esistevano in passato”.
Non solo i docenti, quindi, ma anche gli studenti dovranno comprendere come funziona l’intelligenza artificiale. In questo modo potranno poi usarla a loro vantaggio e sapranno distinguere gli usi impropri come i fake.
IA significa anche discipline come l’high performance computing, l’informatica e la scienza dei dati. E coinvolge sottocampi come il machine learning e il deep learning. Ecco allora cosa possiamo leggere nella Strategia dell’Unione Europea per l’Intelligenza Artificiale: “L’Intelligenza Artificiale si riferisce a sistemi che mostrano un comportamento intelligente nell’analizzare il loro ambiente e intraprendere azioni, con un certo grado di autonomia, per raggiungere obiettivi specifici. I sistemi basati sull’Intelligenza Artificiale possono essere puramente basati su software, agendo nel mondo virtuale (ad esempio assistenti vocali, software di analisi delle immagini, motori di ricerca, sistemi di riconoscimento vocale e facciale) oppure possono essere incorporati in dispositivi hardware (ad esempio robot avanzati, auto autonome, droni o applicazioni Internet of Things)”. Un approfondimento ripreso anche qui.
Intanto, i documenti hanno evidenziato entrambi la necessità di riprogettare i programmi delle scuole: ci deve essere l’apprendimento dell’Intelligenza Artificiale e dei dati, si devono dunque prevedere investimenti che possano favorire l’aggiornamento delle competenze di docenti e studenti.
Il dopo-covid, l’insegnamento e non solo: l’intelligenza artificiale serve anche a te?
Il mondo della scuola è parzialmente mutato dopo il covid. Nel periodo in cui si studiava a distanza, è emerso come gli studenti abbiano necessità di soluzioni e competenze tecnologiche, come di tutoring, metodo valutativo e affettività. Cose che solo con il confronto con un essere umano possono esserci. La scuola deve dunque interrogarsi oggi su come l’IA possa aiutare l’apprendimento e far sì che gli educatori stessi guidino la trasformazione, rivolgendo richieste alle aziende di tecnologia.
L’IA può aiutare tramite strumenti automatici per la valutazione, personalizzazione del materiale didattico e tutoring automatizzato che tenga viva l’attenzione. Non solo: può fungere da suggeritore per inserire variazioni personalizzate nei programmi scolastici ed estrarre indicatori che predicano il rischio di abbandono scolastico. Già oggi aggiorna in tempo reale presenze e assenze, elabora le pagelle elettroniche, gestisce il calendario delle lezioni, produce la certificazione digitale. Atti più amministrativi che di docenza.
Non solo: l’IA può facilitare l’inclusione per bambini con disturbi dello spettro autistico, per studenti con Bisogni educativi speciali (Bse) e Disturbi specifici dell’apprendimento (Dsa).
Insomma tanto si può fare per una scuola moderna, ma con una vera e propria sinergia tra docenti, studenti e intelligenza artificiale. La paura che la macchina sostituisca l’essere umano è a oggi eccessiva e l’apprendimento potrà ancora per molto tempo beneficiare di persone reali.
Il discorso si può estendere naturalmente ad altri contesti, come quello aziendale, che si avvalgono già dell’Intelligenza artificiale e che lavorano per svilupparne sempre di più sofisticate. Senza lasciare a casa nessuno. L’utilità di questo strumento è infatti estrema anche per il business, come puoi scoprire cliccando qui.